I risultati di un'organizzazione sono in parte determinati dalle caratteristiche manageriali di coloro che ricoprono i ruoli più alti (top management team - TMT) inclusi gli Amministratori Delegati (CEO). Si tratta della "Teoria dei Livelli Superiori", che è al centro di numerose ricerche internazionali in ambito organizzativo ed è praticamente sconosciuta in Italia (Upper Echelons: The Organization as a Reflection of Its Top Managers - D. Hambrick, P. Mason - 1984 Academy of Management Review). Detto in altri termini, se vogliamo capire le strategie, i processi, la cultura e i risultati di un'organizzazione, dobbiamo studiare anche gli atteggiamenti e comportamenti delle persone che ricoprono i ruoli più alti della gerarchia. Ovviamente, non è l'unico fattore da prendere in considerazione. Oggi sappiamo che gli stessi vertici sono influenzati dall'andamento del mercato, dai competitors e dalle dinamiche organizzative interne. Però è meglio ricordarcelo, soprattutto se vogliamo comprendere alcuni apparenti paradossi che riscontriamo nelle aziende.
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La cultura organizzativa impatta sui processi interni e sui risultati economici. Ma cos'è la cultura organizzativa di un'azienda, di una scuola, di un ospedale? Una definizione pragmatica che ci offre l'Analisi Transazionale Organizzativa è la seguente: "La cultura è come siamo abituati a fare le cose qui da noi...". Accade sovente che il "come si fanno le cose" sia uno dei principali ostacoli al cambiamento e al raggiungimento degli obiettivi strategici. In questo caso, la cultura organizzativa è "appiccicosa", come la colla.
Sì, ma occorre tempo, risorse adeguate e soprattutto una sensibilità socio-antropologica che spesso le persone in azienda non hanno. Siamo troppo assuefatti all'idea che con uno schiocco di dita si possano risolvere i problemi legati al fattore uomo (soft variables).
No. Chi dice il contrario, dimostra una scarsa esperienza sul "campo". Esistono semmai diversi schemi di intervento, che richiedono tuttavia forte apertura alla interdisciplinarietà e l'umilità di modulare le azioni in base alle reazioni del "sistema organizzativo" nel suo complesso.
Finalmente, una buona notizia per gli appassionati del "fast thought": no! Siamo schiacciati su una visione di breve periodo. Guardiamo questi dati, visto che il futuro riguarda certamente tutti noi, ma in particolare se ricopriamo il ruolo di CEO oppure Direttori di Funzione (in particolare HR e Formazione/Sviluppo Organizzativo). "In 1964, a company on the S&P 500 had an average life expectancy of 33 years. This number was reduced to 24 years in 2016 and is forecast to shrink further to 12 years by 2027". (Forbes) Quindi, le organizzazioni possono estinguersi e ciò è vero anche per la vostra azienda
In un recente rapporto di PWC (22nd Annual Global CEO SurveyBase: global respondents 2019=1.378 - 2019), emerge che l'80% dei CEO è fortemente preoccupato di questo divario, vero e proprio "collo di bottiglia" strutturale. Permettetici ora un affondo polemico. Sulla base della nostra esperienza, qualcosa non torna:
Semmai, è vero il contrario, più si sale in alto nella gerarchia aziendale, più si riscontrano disturbi egoici della personalità e meschini interessi privati
"Alcune scene possono colpire la sensibilità personale. Vi raccomandiamo di proteggere i bambini". Il post sul feedback sta girando tra gli appassionati del genere e ci sono stati anche commenti molto interessanti che riprenderemo. Una cosa però è lì davanti agli occhi e nessuno se ne accorge. Come direbbero gli inglesi: c'è un elefante nella stanza... Si parla ovunque di come dare un feedback ai collaboratori.
Quando si parla con gli HR Director di introdurre un sistema di "valutazione" dello stile manageriale (il cosiddetto feedback 360), si vedono delle reazioni che sarebbero degne di essere immortalate da una telecamera. Per non parlare poi della "trigonometria" applicata alla Direzione delle Risorse Umane, che cerca soluzioni non proprio a 360°: - possiamo fare un feedback 180°? Sarebbe meglio, i nostri manager non sono ancora pronti... (e quando lo saranno? pensa il consulente in cuor suo) - Se facessimo invece 270°? (certo, ma perché non calcolare anche la derivata prima di un feedback 360°? In fondo, stiamo parlando di una funzione trigonometrica...) Suvvia, facciamo le cose sul serio o vogliamo continuare con questa pantomima? La cultura del feedback è una cosa seria e riguarda le persone e i risultati aziendali. Siete davvero capaci di essere all'altezza del vostro ruolo? "Pensavo fosse un feedback e invece era un boomerang"... Cavallo di battaglia dei consulenti, ossessione dei manager italiani e fonte di preoccupazione per i collaboratori. Quante parole sono state dette e scritte sul feedback? Quante volte avete intuito che dietro questa favola aziendale dei feedback qualcosa non torna? Che c'è qualcosa di più profondamente umano che pochi si degnano di raccontare? Qui sotto un brevissimo "glossario" per smascherare ciò che la retorica sul feedback ci nasconde: "Mi dai un feedback?" = mi fai sapere cosa ne pensi? "Voglio darti un feedback!= Oh, God, please don't do it! :-) "Fai le cose bene, però sai... potresti migliorare" = in pratica, non sarà mai abbastanza quello che fai... "Vuoi un feedback?"= Ma anche no!!! altro... ? E intanto il feedback gira nelle organizzazioni e come un boomerang torna indietro... attenzione a come dai il feedback, può fare male! Il mito dell'efficienza a tutti costi Nelle aziende consideriamo "normale" il paradigma economicistico in base al quale ciò che conta davvero è portare i risultati agli azionisti, distruibuire i dividendi e garantire gli stipendi. Il ragionamento non fa una piega. Lo scopo di qualsiasi organizzazione, infatti, è quello di sopravvivere quanto più a lungo possibile e riprodurre se stessa.
Eppure anche nelle aziende sarebbe interessante aprirsi a nuovi punti di vista e avere "conversazioni" più profonde su temi considerati fino a poco tempo fa totalmente estranei al business. Ci chiedono di essere "flessibili", proattivi, change-oriented e avanti così. Come a dire: se facciamo così, rimaniamo efficienti! Ma nessuno si premura di dirla tutta e fino in fondo. La vita è segnata anche dalla malattia, dalle crisi e dalla morte.
Nelle aziende si sprecano i corsi sulla "comunicazione efficace", il problem-solving, la gestione dei collaboratori e più recentemente quelli sulla "gestione delle emozioni". Gestione aziendale, gestione del budget e quindi, anche "gestione" delle emozioni. Soltanto accostare la parola "gestione" alla parola "emozione" dovrebbe farci venire qualche dubbio...
Grazie per l'attenzione e il sostegno! E' tempo di nuove conversazioni ... I problemi si spostano, non si affrontano... Per quanto sia apparentemente del tutto irrazionale, nelle organizzazioni (e non solo) abbiamo osservato molte volte questa tendenza: invece di andare al cuore delle questioni, si preferisce adottare una linea "politica" che si traduce in interventi puramente "cosmetici". Le società di consulenza sono spesso implicate in questi "giochi", poichè non sanno oppure non vogliono valorizzare il loro ruolo di "terza parte" a favore dei veri problemi del cliente Quando la consulenza sa fare da "specchio" all'organizzazione, spesso è possibile affrontare i veri problemi. Ma cosa succede talvolta nelle aziende, quando interviene la consulenza?
Chi ha una visione di tipo "meccanicistico" fa fatica ad accettare l'ipotesi che la razionalità organizzativa sia "limitata". Eppure proprio perché la sociologia organizzativa ha dimostrato l'esistenza di fenomeni basati sulla teoria della razionalià "limitata", il ruolo della consulenza può risultare cruciale per favorire il cambiamento. Ma quale verità? Per quanto possa apparire "irrazionale", nelle organizzazioni abbiamo osservato molte volte una tendenza: invece di andare al cuore delle questioni, si preferisce adottare una linea "politica" che si traduce in interventi puramente "cosmetici". Le società di consulenza sono spesso implicate in questi "giochi", poichè non sanno oppure non vogliono valorizzare fino in fondo il loro ruolo nell'interesse del reale problema" del cliente. La consulenza, infatti, può essere un potente "specchio" per un'organizzazione. Da questa "posizione" è possibile affrontare i veri problemi o quanto meno dare loro una "cornice interpretativa" innovativa e quindi trovare soluzioni diverse da quelle ricercate fino a quel momento. Talvolta succede invece che la consulenza non lavori in modo efficace. Nelle aziende accade molto più spesso di quanto si creda. Per quale motivo?
Si addolcisce la pillola pur di non disturbare il "malato". I problemi si "spostano" e nessuno si accorge di questa potente distorsione cognitiva. Chi ha una visione delle organizzazioni di tipo "meccanicistico" non accetta l'ipotesi che la razionalità organizzativa sia "limitata" e che dunque questo principio sia valido anche per le società di consulenza organizzativa.
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AUTORIAlberto Agnelli Archives
May 2022
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