Di Federica Lo Presti Immaginatevi di essere in piedi su una piattaforma petrolifera in fiamme in mezzo al mare: l'urgenza di salvarvi è così grande che fate qualcosa, stare lì fermi ad aspettare avrebbe sicuramente conseguenze peggiori. L’espressione burning platform fa riferimento a questa analogia per definire quei momenti il cui l’urgenza di un cambiamento viene percepita come impellente. Cito Ferdinando Lignano concordando con lui sul fatto che le aziende si trovano oggi su una burning platform in materia di gestione delle HR, una situazione in cui emerge con una certa urgenza la necessità di un cambiamento nelle politiche di gestione del personale.Il mondo del lavoro è cambiato e continua a cambiare molto rapidamente. Uno studio di McKinsey ha recentemente rivelato che il 40% dei lavoratori ha intenzione di cambiare professione nei prossimi mesi, il fenomeno è noto come “great resignation”. I dati diffusi dal Ministero del Lavoro ed elaborati tra gli altri dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro confermano il trend anche a livello nazionale. Nei primi 9 mesi del 2021 le dimissioni volontarie sono state pari a 1 milione e 81 mila, con un aumento del 13,8% rispetto al medesimo periodo del 2019. La distribuzione geografica delle dimissioni si concentra per il 54,6% al nord (23,7% al sud e 19,9% al centro), si tratta per il 58,7% di uomini nelle fascie d’eta 25-34 anni (30,1%) e 35-44 anni (22,2%). Tra le motivazioni dichiarate per la dimissioni volontarie inciderebbero non solo condizioni economiche migliori (47%), ma anche un maggiore equilibrio tra vita privata e lavorativa (41%), la ricerca di un nuovo senso di vita (25%) e un clima lavorativo negativo (20%). Questo fenomeno rischia oltretutto di tradursi in un forte aumento delle spese per le aziende, con costi che includono le spese di assunzione, il lavoro di formazione, il lavoro non portato a termine in attesa della sostituzione e la minore produttività. In questo scenario di cambiamento un segnale positivo arriva per le imprese di famiglia dai dati pubblicati nell’Edelman Trust Barometer 2022, la più importante ricerca condotta a livello globale dall’agenzia di comunicazione Edelman su un campione di oltre 36.000 persone in 28 Paesi e che da oltre 20 anni studia l’andamento del rapporto di fiducia tra i cittadini e quattro tra le principali istituzioni che operano nella società: governo, business, media e organizzazioni non governative. I dati di questa ventiduesima edizione relativi al nostro paese evidenziano che tra le diverse tipologie di aziende quelle più appetibili agli occhi degli intervistati sono le aziende familiari (68%), seppur nel corso degli ultimi 8 anni abbiano subito un calo di 10 punti. Un dato importante ma che non deve portare le imprese di famiglia a sottovalutare la trasformazione che il mondo del lavoro ha avuto negli ultimi anni: oggi per attrarre e trattenere le persone migliori non sono sufficienti un posto fisso e una retibuzione adeguata, è necessario considerare i nuovi bisogni dei lavoratori (ci siamo spostati nella scala di Maslow dalla soddisfazione dei bisogni posti alla base della piramide, verso quelli collocati al vertice) offrendo le risposte giuste. Non è raro che nelle imprese di famiglia il ruolo di responsabile HR sia delegato ad appendice della direzione amministrativa, soprattutto nelle aziende con dimensioni più piccole. Questo misunderstanding di ruoli e responsabilità fa parte di un più ampio scollamento tra organigramma formale e organigramma informale, cui, chi si appresta a ricoprire il delicato compito di HR manager o temporary HR manager in un’impresa di famiglia deve prestare attenzione. L’organigramma è quello strumento che offre una rappresentazione grafica della struttura organizzativa aziendale evidenziando i ruoli, i legami funzionali e gerarchici, la divisione dei compiti e le responsabilità delle persone che lavorano in azienda. Talvolta questo strumento viene adottato più per una necessità normativa, di certificazione (avere un organigramma aziendale è infatti uno dei requisiti per l’ottenimento della certificazione ISO 9001, che attesta la qualità dell’azienda) che per effettiva consapevolezza della valenza strategica. L’organigramma formale si scontra spesso con un organigramma informale che definisce i veri giochi di chi fa che cosa, chi risponde a chi, gestione di delega e assunzione di responsabilità. Questo scollamento non è funzionale al buon funzionamento dei processi e delle relazioni tra i membri dell’impresa, poiché rischia di alimentare tensioni tra i membri interni alla famiglia che lavorano in azienda e malcontenti tra i membri esterni alla famiglia che possono avere la percezione di essere considerati cittadini di serie B, in condizione dunque di accontentarsi di ruoli secondari o di cercare altrove un’opportunità di crescita professionale. In questa delicata dimensione famiglia-azienda l’HR manager o la persona che ricopre il ruolo di temporary/fractionary deve essere un “integratore”. Mi piace questa definizione usata da Giancarlo Marcato in un recente episodio di FBU - Family Business Unit Club, di Luca Marcolin. Integratore tra imprenditore, manager e risorse operative di un’azienda. Integratore tra organigramma formale e organigramma informale. Integratore tra competenze tecniche e competenze manageriali delle risorse (spesso anche qui assistiamo a scollamenti poco virtuosi). Integratore dei flussi di comunicazione e problem solver relazionale. Un ruolo complesso, che richiede la messa in campo di competenze tecniche, hard skills e competenze soft come ascolto, intelligenza emotiva, doti comunicative e relazionali. Una figura di cui le aziende non possono fare a meno se desiderano salvarsi dalla burning platform. Federica Lo PrestiFamily Business Coach, Federica si occupa di imprese di famiglia da oltre 15 anni, adotta il metodo del coaching per garantire crescita e innovazione in contesti transgenerazionali. Il suo approccio trae valore da incroci e contaminazioni cruciali nel suo percorso professionale: fondi di investimento, startup innovative, family office, coaching. Una profonda conoscenza del territorio israeliano, hub delle startup e del mondo finanziario, arricchisce la sua visione. Nella sua vita non possono mancare sport, persone, bellezza delle piccole cose.
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di Ferdinando Lignano Mi sono recentemente occupato del tema nell’ambito del volume collettivo “HR le nuove frontiere” a cura di Umberto Frigelli, edito da Franco Angeli nella collana HRInnovation. Per non sottrarre spazio, non mi dilungherò a sottolineare ancora una volta l’importanza delle Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane e delle imprese a proprietà familiare (non sempre necessariamente PMI) nel costituire l’ossatura del sistema economico nazionale. Venendo all'ambito specifico della gestione delle risorse umane, molte PMI si sono dotate nel tempo di propri strumenti di gestione e valorizzazione del personale, talvolta in maniera particolarmente originale, altre volte adattando al proprio contesto alcune soluzioni sviluppate altrove ma funzionali alle proprie necessità. Potrei provare a descrivere in maniera un po’ schematica le fasi evolutive della gestione delle Risorse Umane nelle PMI, in base agli approcci via via adottati, che ho riscontrato nella mie precedenti esperienze manageriali sia full time che temporary (anche fractional). Questi approcci sono sostanzialmente riconducibili alla necessità di riorganizzare la stratificazione successiva delle attività inerenti ai seguenti processi HR:
Si possono rappresentare figurativamente queste scelte con i diversi profili HR che contraddistinguono le varie fasi citate:
Una modalità sempre più frequentemente adottata dalle aziende, soprattutto di dimensioni più contenute, che avrebbero difficoltà a sostenere il full-cost di un dirigente della funzione personale a tempo pieno, è quella del temporary/fractional management: l’idea cioè di utilizzare un professionista, esperto del settore, solo per un dato periodo di tempo e con una modalità anche part-time per:
Quali sono le caratteristiche distintive che un Temporary Manager HR deve possedere per poter operare con successo in progetti di cambiamento organizzativo legati all’evoluzione delle politiche per il personale in contesti aziendali di PMI? Non è scontato rispondere che una solida conoscenza dei processi HR acquisita in posizioni da generalista di alto livello sia la piattaforma di base su cui poter costruire questa specifica professionalità. Competenze di Project Management ed esperienze di Change Management costuituiscono ulteriori pilastri del bagaglio professionale di un temporary manager. Sono anche necessarie una notevole flessibilità operativa e la capacità di adattamento a contesti diversi, spesso molto diversi, da quelli da cui il manager proviene. In questi contesti la expertise specifica, per quanto ricercata dal titolare dell’azienda, sarà solo la condizione necessaria, ma non sufficiente a garantire la piena accettazione del temporary manager da parte della proprietà aziendale e del resto della sua organizzazione. La capacità di tradurre ed convogliare il proprio bagaglio professionale in capacità di analisi ed implementazione in contesti diversi e culturalmemte strutturati in maniera differente da quelli ai quali, magari, si è stati abituati per anni, costituiscono la chiave del successo “alchemico” del progetto. A differenza della grande società di consulenza, il singolo professionista, per quanto referenziato, dovrà conquistarsi la fiducia del committente, non solo con l’esibzione del sapere e del saper fare, ma anche del saper essere parte integrante, per quanto temporanea, dell’organizzazione che lo ha ingaggiato. *John Kotter, Holger Rathberg, Il nostro Iceberg si sta sciogliendo. Ferdinando Lignano Human Resources Business Partner Manager Italia di Sisecam. Laureato in Sociologia del Lavoro presso l’Università Federico II di Napoli. Vanta una esperienza professionale internazionale di oltre trent’anni in ambito Human Resources focalizzata sui temi dell’innovazione organizzativa, change management, e relazioni industriali di livello europeo, promuovendo best practice ed approcci multiculturali. Componente del direttivo di AIDP Lombardia e coadiutore del Centro Ricerche AIDP nazionale. |
AUTORIAlberto Agnelli Archives
May 2022
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