Il "confine relazionale" è una sorta di pelle psicologica che separa Me da Te. Siamo capaci di gestire in modo adeguato quanto succede lungo questa immaginaria frontiera? La risposta a questa domanda ci porta dritti al cuore di un tema assai dibattuto all'interno delle organizzazioni: l'impatto, cioè, del mio stile relazionale verso i colleghi di lavoro (oppure verso i fornitori e i clienti). - Per quanto sia utile comprendere che ciascuno di noi ha uno stile specifico per entrare in contatto con gli altri, spesso riconducibile ad un modello osservabile (pensiamo per esempio al modello degli "stili sociali"), è anche vero che al di sotto dello strato "superficiale" dei nostri comportamenti, si nascondono i nuclei più profondi della nostra personalità; quelli forgiati dalle nostre esperienze primarie di contatto con gli adulti significativi (genitori ed altre figure di riferimento), che sono particolarmente resistenti al cambiamento. Un esempio: alcune persone faticano a stabilire un contatto aperto e coinvolgente con i loro colleghi. Di solito queste persone sono percepite come fredde e distaccate e il passo verso un giudizio negativo nei lori riguardi è breve: "lui/lei se ne frega di noi". - Queste persone possono anche frequentare dei corsi di formazione il cui obiettivo sia quello di sviluppare una maggiore "flessibilità" relazionale; di sicuro, male non fanno; ma chiedere a questi percorsi di compiere un miracolo, sarebbe un'aspettativa del tutto fuorviante. - Quando vogliamo capire da cosa dipendono i nostri "blocchi" profondi, il lavoro si deve spostare necessariamente su un piano più personale (psicoterapia e counseling). D'altronde, che la strada del vero cambiamento implichi un lavoro più profondo, ce lo ricorda anche l'invito agostiniano a "guardarci dentro": Il tuo Maestro sta dentro...è dall'interno che ci si fa udire la Verità. (Ep. 139, 15) Siamo in costante "estroflessione", protesi verso il mondo esterno, fatalmente esposti ai flutti del destino. Dove pensiamo di trovare un saldo riparo dalle intemperie, se non dentro noi stessi?
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La guerra in Ucraina ripropone un tema essenziale per la pace tra i popoli, ossia il rispetto dei "confini" con i paesi confinanti. Dagli stati belligeranti alle relazioni interpersonali, il passo è breve: come dice la psicologia della Gestalt, non esiste un "Io" separato da un Noi. Siamo esseri in "relazione con", volenti o nolenti. E c'è sempre di mezzo un "confine" anche in questo caso. Perciò è fondamentale la consapevolezza di come viviamo il "contatto" con l'altro e la nostra capacità di stabilire i giusti "confini del contatto". Se una persona conosciuta da poco, mi tempesta di messaggi sul cellulare e pretende anche di ottenere subito una mia risposta, sarebbe normale sentirsi "invasi" dall'Altro. Da qui nasce una reazione dell'organismo (es. mancanza d'aria) e la conseguente decisione di ripristinare la giusta distanza. Similmente, viviamo questa dinamica sul luogo di lavoro, oppure in smartworking: "Quanta confidenza posso dare al mio responsabile? Quanta al mio collega, collaboratore, ecc.? (basta che non lo si chiami ancora "subordinato" oppure "dipendente"... parole da rottamare, giusto?). - Restiamo un attimo sulla relazione tra me e il mio responsabile.
Essere consapevole di ciò che sento e agisco, quando mi avvicino a te, è essenziale per stabilire tra di noi una relazione "sana", tanto nel lavoro quanto nella vita privata. ALBERTO AGNELLIConsulente di Sviluppo Organizzativo ed Analista Transazionale, Alberto supporta le persone, i gruppi e le aziende nel miglioramento del benessere personale ed organizzativo. Appassionato di Tango Argentino (si sussurra che sia insegnante) e del Total Immersion Swimming, vive a Milano ma si sente cittadino del mondo. Con E. Smith è fondatore di "Tango For Business". "Spazzatura dentro, spazzatura fuori", ossia: se introduco informazioni scadenti, otterrò risultati scadenti. E' un principio ben noto agli informatici e si applica a tantissime situazioni della nostra vita.
Se mi nutro di cibo buono, faccio buone letture, ascolto musica bella, contemplo la bellezza del cielo oppure di una chiesa romanica; se tratto bene il mio corpo; se amo gli animali e sorrido ai bambini; se abbraccio il prossimo con la stessa gentilezza con cui abbraccerei me stesso; se ogni giorno penso che l'Altro è simile a me, anche quando sbaglia; se penso che un giorno invecchierò anch'io e avrò intorno a me ciò che ho seminato, allora trasmetterò all'esterno inconsapevolmete un'energia travolgente che trasformerà il mondo. E il mio sorriso diventerà quello di Topo Gigo... ops, volevo dire Topo Gigio Invece no. C'è un virus che fa più danni del Covid: la povertà di spirito. "Sarebbero da fare fuori" "Chi nasce tondo, non può morire quadrato" "Sono morti che camminano" "Vogliono soltanto un aumento di stipendio" "Hanno ormai il cervello piallato" "Solo l'assunzione di giovani potrebbe cambiare la situazione" - Un'antologia di visioni del mondo che talvolta capita di incontrare nei corridoi delle aziende. - Convinzioni "ciniche" sulla natura dell'essere umano e più in generale sul potenziale di cambiamento delle organizzazioni. Nel tempo, queste "letture del mondo" diventano agenti patogeni che sviluppano un atteggiamento micidiale: l'idea che "noi siamo migliori degli altri". Migliori di questi colleghi, migliori dei clienti, migliori dei nostri fornitori, migliori della concorrenza. - Cosa fare?
"La gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell'impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento. Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre più conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i territori, in cui opera". Investire - aggiunge Benedetto XVI - ha sempre un significato morale oltre che economico. - Tutt'altra musica, vero?
Sappiamo che il PIL di un paese è il valore complessivo delle merci e dei servizi prodotti in un anno. Ci sono molti paradossi collegati a questo indice statistico. Se siamo in auto bloccati nel traffico, consumiamo più carburante e il PIL aumenta. Dovremmo essere felici di tutto ciò? No, perchè aumenta anche l'inquinamento atmosferico e peggioriamo la nostra salute. Dopo decenni di dibattito accademico e politico, siamo infine arrivati a considerare un altro indice di sviluppo: il BES (Benessere Equo e Sostenibile). Nel 2018, il DEF (Documento di Economia e Finanza) presenta la versione definitiva di questo indice, che risulta composto da 14 dimensioni. - Per capire se viviamo in un paese non soltanto economicamente produttivo, ma anche "sano" , dobbiamo allargare la visuale e considerare altri aspetti: obesità, abusivismo edilizio, emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti, etc. Ora passiamo dal BES di un paese a quello di un'organizzazione.
Sai gestire il tuo tempo? Sicuramente è una capacità importante per coniugare al meglio vita personale e vita lavorativa. Nelle aziende, ma anche on line, sono disponibili molti corsi dedicati all'argomento: - La gestione efficace del tempo - Time Management (che è la stessa cosa, ma vuoi mettere l'effetto?) - Gestire il tempo e gli obiettivi - Gestione del tempo e dello stress Sono corsi utili? Bisognerebbe chiederlo a chi li ha frequentati. Quando ero più giovane, eroico e soprattutto "free-lance", ne ho tenuti a decine. Mi capitava a volte di provare imbarazzo. Dentro di me sentivo che parlare del tempo degli "altri", senza un'adeguata riflessione sul valore del tempo in generale e soprattutto su come vivessi il "mio" di tempo, rischiava di farmi passare come "esperto" agli occhi delle persone, quando invece esperto non ero. Anzi, ho vissuto per anni in lotta con il "mio" tempo. E l'ho sempre detto ai gruppi di persone con cui stavo lavorando.
Per chi ha frequentato il liceo, Seneca purtroppo è spesso soltanto un ricordo (doloroso) associato allo studio del latino. Per chi invece non lo ha mai incrociato nella propria vita, possiamo dire che Seneca oggi sarebbe paragonabile ad un buon mentore, una specie di "coach". Così va meglio, vero? (non me ne vogliano i classicisti...)
"Fai così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro (...) Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Mentre rinviamo i nostri impegni la vita passa. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro". Se fossi a capo di un'azienda, proporrei a tutti i manager di riflettere sulle parole di Seneca. E poi chiederei loro di calcolare il tempo che spendono e fanno spendere ai loro collaboratori in attività che non danno valore alcuno. Mi fermo qui. Non voglio sprecare oltremodo il vostro tempo. Hai il Proficiency? L'IELTS? Oppure hai il TOEFL? Sei giovane? Impara bene l'Inglese! Sei un lavoratore e non hai tempo neanche per prepararti la cena? Allora, impara l'Inglese, altrimenti sei "out"! - Spendiamo tanti soldi e tempo per colmare le onnipresenti "lacune". Impariamo la grammatica Inglese e facciamo tanti esercizi pressochè inutili per "memorizzare" regole ed eccezioni. Intanto, la noia regna sovrana come la regina d'Inghilterra. - L'Andragogia (modelli e metodi di apprendimento degli adulti) è un campo di studi fondamentale per capire le ragioni sottostanti il sostanziale fallimento di molti programmi di insegnamento della lingua Inglese (tanto a scuola, quanto nelle aziende). Ma il discorso discorso riguarda anche la formazione aziendale, sia quella tecnica sia quella relativa alle "soft skills". I "nemici giurati" del nostro Inglese:
- "Stay hungry, stay foolish". La conoscenza è disponibile ovunque. Oggi la digitalizzazione ci permette di fare ciò che solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile. La differenza sta nel capire cosa vogliamo ottenere e come possiamo farlo, senza farsi condizionare dai modelli dominanti.
Fate leggere questo articolo ai vostri figli, ai vostri apprendisti, a chiunque sia interessato alla questione giovani. Nel 2012, la giornalista Maria Carla Rota ci andava giù pesante. Chissà quanti giovani avranno letto il suo articolo. Probabilmente pochi. Forse doveva farsi strada anche lei e quindi si allineava al "mainstream". - In effetti, scrivere per Affari Italiani implica una certa adesione al paradigma dell'Homo oeconomicus. Poi deve essere successo qualcosa. Sarà stato il cammino di Santiago. Oppure la Pandemia da Corona-Virus, che tante occasioni di lavoro sta offrendo ai giornalisti. Infatti, nel dicembre 2021, la stessa giornalista titola così un suo articolo: "Anche la meditazione diventa hi-tech: come iniziare il 2022 con filosofia". - Ma come? La filosofia richiede pensiero critico, lentezza, capacità di elaborazione. Come si concilia tutto questo con quanto scritto 10 anni prima? Se ce la prendiamo con filosofia, siamo più interessati a noi stessi che al Sacro PIL, giusto? Oppure è cambiato il paradigma: adesso è l'era dell'Homo Meditans? Cari giovani, guardate il film "Matrix" e meditate. E se possibile, quando leggete articoli che vi danno per spacciati a 29 anni, rispondete con un sorriso e andate avanti. Noi adulti, cosa possiamo fare? Insegnare ai giovani il pensiero critico non solo per contribuire al benessere delle aziende, ma soprattutto per aiutarli a diventare cittadini consapevoli. E cerchiamo di chiarirci le idee su sostenibilità, inclusione, diversity, perché ne parliamo spesso a vanvera. Guardiamo alle discriminazioni e alle diseguaglianze che subiscono gli stessi giovani e cerchiamo di porvi rimedio. Pensare che un giovane abbia una "expiring date" provoca davvero un senso di nausea... https://lnkd.in/dNX9DrQ4 https://lnkd.in/dWDJ3YXF Quante volte abbiamo sentito oppure pronunciato questa frase? Quando entra nel nostro vocabolario con una certa insistenza, allora c'è un problema. Sì, perché questa frase nasconde un altro messaggio, una sorta di "postura" esistenziale: "io non cambio, semmai devono farlo gli altri". Dagli anni '60 fino agli anni '80, la Mivar di Abbiategrasso produceva TV: nere, robuste, senza fronzoli. Nel loro telaio di plastica era presente lo "spirito imprenditoriale" del suo fondatore: Carlo Vichi, stile relazionale da "buon padre di famiglia", tradizionalista, fascista dichiarato e attento ai bisogni materiali dei dipendenti, nella maggiore parte donne che lavoravano alla catena di montaggio. - Tutti parlavano di Vichi con ammirazione ed anche sottile timore. Vengono in mente le parole del filosofo tedesco Hegel a proposito di Napoleone: “L’imperatore – quest’anima del mondo – l’ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione singolare vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, spazia sul mondo e lo domina”. - Si racconta che molti suoi dipendenti per comprare casa chiedessero un prestito a Vichi anziché alle banche. Ed è comprensibile, visti i "magheggi" cui ci hanno in seguito abituati le banche . Ma Vichi era molto di più.
Il cambiamento allora era più lento di oggi. Eppure scorreva carsicamente sotto il suolo della Mivar.
"Per decenni ha dato lustro alla città e a tanti abbiatensi la possibilità di avere un’occupazione che spesso si tramandava dai genitori ai figli. Era schietto, diceva esattamente quello che pensava e non si è mai allontanato dalle proprie posizioni. Ma questo gli ha permesso di guidare un’azienda grande come la Mivar, l’unica nel Paese a realizzare televisori di quel livello". (articolo di F. Pellegatta, 21 Settembre 2021 - Il Giorno.
Impegno = credere in ciò che facciamo e mostrarlo in prima persona. Si parla anche di "committment". Stiamo parlando di persone con incarichi di responsabilità che hanno voglia di "sporcarsi le mani". Oppure di persone senza il titolo di "capo", coordinatore, responsabile, ecc., ma dotati di forte leadership personale. La nostra prima panoramica sulla leadership positiva riguarda un aspetto facilmente intuibile, che merita tuttavia la nostra attenzione. Perchè?
"Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore", disse il 13 maggio 1940 Winston Churchill, durante il suo primo vibrante discorso alla Camera dei Comuni. Il cielo d'Europa si faceva sempre più plumbeo sotto gli attacchi del regime nazista. Churchill si rivolse a tutto il popolo inglese in modo secco e diretto, com'era nel suo stile. Dopo di che rientrava nel suo "bunker" - che è stato peraltro oggetto delle sue critiche per questioni di sicurezza - a soltanto tre metri sotto il suolo. Tanto per capirci, quello di Hitler era 10 metri sotto il suolo. Ciò nonostante, da alcuni documenti rinvenuti nel 2009, il Premier britannico decise comunque di rimanere a Londra, proprio per “non dare la sensazione che stesse abbandonando i londinesi”. Dedichiamo questo post a tutte quelle donne e a quegli uomini che, spesso senza nemmeno essere capi, fanno la differenza. Costoro vanno avanti e sono di esempio per gli altri nonostante le difficoltà, e lo fanno senza lamentela né vanagloria. Loro non abbandonano la nave. |
AUTORIAlberto Agnelli ArchivesCategories
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