Quante volte abbiamo sentito oppure pronunciato questa frase? Quando entra nel nostro vocabolario con una certa insistenza, allora c'è un problema. Sì, perché questa frase nasconde un altro messaggio, una sorta di "postura" esistenziale: "io non cambio, semmai devono farlo gli altri". Dagli anni '60 fino agli anni '80, la Mivar di Abbiategrasso produceva TV: nere, robuste, senza fronzoli. Nel loro telaio di plastica era presente lo "spirito imprenditoriale" del suo fondatore: Carlo Vichi, stile relazionale da "buon padre di famiglia", tradizionalista, fascista dichiarato e attento ai bisogni materiali dei dipendenti, nella maggiore parte donne che lavoravano alla catena di montaggio. - Tutti parlavano di Vichi con ammirazione ed anche sottile timore. Vengono in mente le parole del filosofo tedesco Hegel a proposito di Napoleone: “L’imperatore – quest’anima del mondo – l’ho visto uscire a cavallo dalla città, in ricognizione; è davvero una sensazione singolare vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, spazia sul mondo e lo domina”. - Si racconta che molti suoi dipendenti per comprare casa chiedessero un prestito a Vichi anziché alle banche. Ed è comprensibile, visti i "magheggi" cui ci hanno in seguito abituati le banche . Ma Vichi era molto di più.
Il cambiamento allora era più lento di oggi. Eppure scorreva carsicamente sotto il suolo della Mivar.
"Per decenni ha dato lustro alla città e a tanti abbiatensi la possibilità di avere un’occupazione che spesso si tramandava dai genitori ai figli. Era schietto, diceva esattamente quello che pensava e non si è mai allontanato dalle proprie posizioni. Ma questo gli ha permesso di guidare un’azienda grande come la Mivar, l’unica nel Paese a realizzare televisori di quel livello". (articolo di F. Pellegatta, 21 Settembre 2021 - Il Giorno.
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AUTORIAlberto Agnelli ArchivesCategories
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